Clip,
clap, clip, clap…. Hai un occhio mezzo aperto, la testa
sul cuscino ma non dormi. Clip, clap…Clip, clap. Lo senti
questo rumore? Sai cos’è? Si che lo sai. Sono le
tue ciabatte che vanno su e giù per la stanza, come due
guardie della regina: avanti e indietro, avanti e indietro.
Decidi di beccarle! Click! Luce accesa. Ed eccole lì,
immobili, come le hai lasciate. Due coccodrilli nella palude,
sbucano solo le teste; due coccodrilli in attesa della preda.
E del telecomando? Cosa mi dici del telecomando? Silenzioso
come un pitone, pronto a stringersi alla tua mano come una morsa
da fabbro. Un incubo? Mica tanto. Passati i trenta e via, verso
gli “anta”, il binomio “ciabatte - telecomando”
miete più vittime di un incrocio senza semaforo. Quando
rientri a casa sembri, anzi sei, trasparente. Un fastidioso
ectoplasma che infesta il suo stesso appartamento. Tua moglie
non ti considera, i tuoi figli sono impegnati nell’ultimo
record con la Playstation (hanno appena capito che il sub livello
6 della schermata 8 si passa dopo aver bombardato i piselli
mutanti tranne il secondo da destra che poi, grazie alle radiazioni,
cresce, strangola il personaggio con la barba che in realtà
era lo scienziato pazzo che….), tua madre (in visita pastorale)
pensa che sia entrato lo spirito di tuo padre che è mancato
sei anni fa e quindi non ti caga. E sei così, immobile,
come un bancario dietro al suo sportello, una borsa nella mano,
due sotto gli occhi, che ti viene quasi da piangere. E chi è
che, come un frugoletto sorridente, ti corre incontro e ti manifesta
un po’ di calore? Le tue care, vecchie pantofole, e allora
via, ancora vestito da ufficio, il caldo e rassicurante abbraccio
di casa. Ma è un abbraccio mortale. E’ come ingoiare
tre flaconi di Tavor. E poi alè, completiamo l’opera,
la mano salda afferra il telecomando, l’illusione del
potere. E pensi: “E’ solo per vedere le notizie
del telegiornale…” pensi…Ma poi non pensi
più, ed eccoti lì, con la cravatta che pare una
biscia addormentata sulle tue prominenze; il labbro inferiore
proteso all’esterno, come un grottesco davanzale, l’occhio
umido. Sono le 21.30 e al settimo “arrivooo!” la
tua famiglia si è dissolta da tavola, la minestra, stanca
di aspettare, si è suicidata nella pattumiera e tu sei
lì, sempre lì. E allora, che fare? Per prima cosa
comperare un cane, anche se solo l’idea ti fa venire la
pelle d’oca. Il cane offre numerosi vantaggi: quando arrivi
a casa è il primo sulla porta e non solo, il cane è
un baluardo, è istintivo. Il cane sa. E’ per questo
che odia le ciabatte del suo padrone, le stropiccia, le azzanna,
le massacra, lui ti vuole bene e pensa (sì il cane pensa):
“meglio mangiarli le ciabatte prima che queste gli mangino
il cervello” (che filosofo eh?). Il cane impegna. La sera,
quando piove o fa freddo e lo schermo illuminato ti chiama suadente
il cane deve uscire, DEVE!, Non ci sono santi. Delicatamente,
piano piano, con i suoi canini ( è per questo che è
un cane!) ti sfila il telecomando mentre tu, affascinato dai
bagliori ipnotici della scatoletta che ti invitano al sonno
della ragione stai per cedere, e, altrettanto delicatamente
ti ci infila il guinzaglio e poi…Fiato alle trombe una
bella abbaiata, due scodinzolate ed eccoti in mezzo alla strada
in mutande sotto il diluvio universale, salvo.
Non hai
voglia di riparare l’interruttore? Di cambiare la guarnizione
al rubinetto? Di portare i tuoi figli al cinema? Di andare
in palestra? Sia fatta la volontà di ciabatte &
telecomando. Domani, domani, “ lo farò domani”.
E la scatoletta nera e le sue due amiche, con inesorabile
costanza, impugnate dal falegname del tempo, ti pialleranno
il cervello, truciolo dopo truciolo, e il bello è che
a te, sembrerà che ti stiano ricrescendo i capelli.
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